QB  Quaderni Bellunesi      Belluno in libreria

Tutte le novità librarie sulla provincia di Belluno

  
Home page | Quaderni Bellunesi | Terra Nostra |     Contatti |
           

 

Risorgimento di Gesù
Orazione sacra detta nella Cattedrale di Belluno nella Pasqua del 1775
da Padre Bonaventura di  Asolo 
.

  .
"Sappiate, ella grida a’ suoi Figli, che non è egli più no nel sepolcro il mio divino sposo; sappiate, che il mio divino sposo risuscitò: surexit, non est hic; giù le lagrime però"

Chi avesse veduta Gerusalemme in quel giorno, che dopo i crudi affanni di un’ostinato barbaro assedio, si affacciò sul rispuntar dell’aurora, tra timida, e confidente alle disolate sue mura; e dal feral silenzio del folto esercito Assiro, che circondavala; argomentandolo già colpito dal forte braccio del suo Dio, si fe’ cuor a guardarne più davvicin la strage; e vedendo esser piombata in quella notte sopra cento ottantacinque mila di quegli assediatori con orribil precipizio la morte; fugato Sennacheribbo lor Principe, e tornatosi pien di stordimento per la via, ond’era venuto così superbo ad opprimerla; che diede man Gerusalemme allora a torsi via di dosso il cilicio, le ceneri, le lagrime, le gramaglie; e ripresi i vestimenti della sua gloria, ordinò a’ suoi Cittadini, che giubilassero; i ripigliando i timpani, e rintronando i primieri festosi cantici; risuonar facesser per ogni dove, ed eccheggiare a gara il dolce argomento, e strepitoso, della loro cara liberazione: ah! chi Gerusalemme, ripeto, veduto avesse per sorte bella in quel dì così avventuroso; e investito in quel punto del profetico spirito di Davidde, conosciuto avesse altro non esser tutto quel vasto giubilo, se non se un rozzo semplice ombreggiamento del giubbilo senza paragon maggiore, che la Santa Chiesa un’altro giorno dovea spiegar in volto; allora quando abbattuta da Gesù, ed oppressa la podestà delle tenebre; atterrato Lucifero, e ricacciatolo pien di vergogna, e spasimo nell’abisso; surger dovea egli a riserenarla per sempre; dalle squallidezze togliendola, in cui giacciuta era per la sua morte, e abbellindola da capo a’ piè dell’immortal suo strepitoso trionfo: oh! come! oh come! che di una estatica gioja costui ricolmo, si sarebbe fatto a sclamar coi sentimenti di quel coronato Profeta: 
Oh giorno! Beato giorno! Giorno il più bel che fatto abbia, o abbia giammai da far il Signore, quando spuntar ti vedrò? 
E quando verrai dunque a far di te giojosa, ed ebbra di esultanza, e di giubbilo la sposa dell’agnello risuscitato, la rassicurata Gerusalemme, la Santa Chiesa?
 Ma il caro giorno già sen venne, o Signori, dice S. Giovanni Grisostomo, sì, il dolcissimo giorno arrivò:
  enituit olim Jerusalem, hodie enitescit Ecclesia
Fattasi ella stamane la santa Chiesa a guardar sui primi albori del dì la tomba, che sepolta aveala i passati giorni nelle lagrime, e nel dolore; trovò sulla disperata fuga de’ nimici, che quella tomba assediavano; trovò, dissi, il suo Signor, vivo, trionfante, risuscitato; e rivestita a un punto della più viva gioja, che mai sul volto le balenasse: Sappiate, ella grida a’ suoi Figli, che non è egli più no nel sepolcro il mio divino sposo; sappiate, che il mio divino sposo risuscitò: surexit, non est hic; giù le lagrime però; ella dice a noi tutti, giù i treni dolenti; il cordoglio; e suonino in vece per ogni dove i più solenni festosi cantici; e si giubili da ognuno, e si esulti in questo giorno luminosissimo del Signore:
  Haec dies, quam fecit Dominus, exultemus, et laetemur in ea: exultemus, et laetemur: esaltazione, e giubilo, per l’alta gloria, che da questo risorgimento ne deriva a Gesù vincitor eterno de’ nimici, che il crocifissoro: Christus resurexit: exultemus, et laetemur: esaltazione, e giubbilo per la gloria similmente, che a noi pur ne torna da questo risorgimento, i quali ben vivendo, dovremo un’altro giorno, siccome lui gloriosi risorgere; 

Christus resurexit primitiae dormientium.
 Haec dies quam fecit Dominus, exultemus, et laetemur in ea.

Si Christus non resurrexit, vana est fides vestra

I. Non è chi non sappia, dipender la gloria tutta intera di qualunque impresa dall’ottimo fine, che la incorona per modo, che poco, o niente giovi lo aver adoprati per conseguir grandi cose i mezzi anche più magnanimi e commendati; ogni volta che in seguito si manchi poi di oprar con fortezza; e per cagion delle difficoltà, che s’incontrano, si venga a lasciar la intrapresa opera, arenata, inutile, ed imperfetta. 
Io vi voglio dir con questo, o Signori, come il dicea già S. Paolo a’ Popoli di Corinto, che se Gesù-Cristo non trionfò di tutt’i suoi nemici risuscitando; vana è per legittima conseguenza la fede nostra; ed è vano pure il di lui Regno qua sulla Terra: Si Christus non resurrexit, vana est fides vestra. Venuto egli a fermar sulle rovine della già moribonda Sinagoga, e sull’abbattimento, della cieca Gentilità l’immortal suo Principato; che altrove non potea giammai sodamente fondarsi, salvoché sulla base della sua divinità, manifestatasi a caratteri luminosi, e per maniera innegabile a quelle genti, le quali dovean creder nel di lui Nome, ed essere convertite; a che giovato avrebbe mai, ditemi; tutto lo strepitoso corteggio de’ miracoli, che onorarono tanto il divin suo Apostolato; le guarite infermità; le calmate procelle; i liberati ossessi, i risuscitati defunti: cogli altri argomenti tutti, che di questa sua divinità, egli andò scolpindo a ogni passo con estatico stupor de’ Popoli, e delle Turbe, sulle vangelizzate Contrade di Sion: qualora assediato; com’egli poi fu sulla fin de’ suoi giorni da un nembo così crudel di persecuzioni, che lo avvilirono, l’oscurarono, lo nascosero; e come in alto mare il trassero a morir crocifisso in mezzo al tempestoso adiramento del lor furore: qualora, dico, tanto poi di forza non avesse avuta egli nel braccio suo onnipotente, per superar la stessa morte, risuscitandosi; e con ciò mostrar a tutto il Mondo, ch’egli era morto, sì, ma perché avea voluto egli morire, affin di ricoverar il suo Popolo: fui mortuus, et ecce sum vivens in specula saeculorum: e più glorioso rimontando su quell’occaso, ove si era volontariamente lasciato spingere dall’astio de’ suoi maligni nimici; suggellar con questo miracolo di risuscitarsi, il più sonoro di tutti gli altri, i miracoli tutti precedenti della sua vita? Ascendit super occasum? Con una voce però di vittorioso giubbilo, e di trionfo, voce, o Signori, che la vasta espansion de’ Cieli empié tutta; che comprese il giro tutto dell’universo; che penetrò nel sen più intimo degli abissi; parmi udirlo oggidì gridar questo Redentore risorto in testimonianza della sua sempiterna divinità: et vivus et fui mortuus, et ecce sum vivens in specula saeculorum: fui morto, è vero, egli dice, fui morto, o Figli, per farvi salvi; caduto son vittima sul più bel fior de’ miei giorni della Ebrea spietatezza, che mi svenò; onde tremò di spavento la Terra, si ricopersero di orrore i Pianeti, e fremettero gli elementi per compassione: et vivus, et fui mortuus: ma or’eccomi vivente per tutti i secoli; eccomi a far risplender in faccia al mondo tutto la divinità mia vieppiù luminosa, quanto più grande era stato l’impegno de’ congiurati nimici per oscurarnela; eccomi in somma a consolarvi, o cari Figli, sull’ali vittoriose del mio giubbiloso risorgimento: et ecce sum vivens in specula saeculorum
E vaglia maggiormente il vero, che Gesù, miei Signori, stato fosse odiato dalla Ebrea Nazione, e riconvenuto qual malfattore da lei, e sentenziata quindi ignominiosamente, ed ucciso: non lo negava già il Pagano infedele, dice S. Agostino; che anzi di qua traea argomento a deridere i novelli credenti, come color, che fede donassero stoltamente a un, che morì sulla Croce: Nam mortuum, et Paganus credit, et hoc tibi pro crimine obiicit, quod in mortuum credidisti: chi muor non è Dio, dicea il Pagano obbjettando, e niente sapendo della umanità dal Divin Verbo assunta affin di morire; non è un Dio, che meriti le adorazioni, ripigliava, chi tor se medesimo non poté dal supplizio vituperosissimo di una Croce; e riputava quindi il Vangelo una stoltezza, e negava arditamente la fede a un Dio crocifisso: Ma chi più debitori mai di una fermissima fede in Gesù, ditemi, chi più obbligati a non lasciarsi sorprendere dal tristo aspetto del supplizio del Redentore, e dalla sua morte, quanto i suoi stessi discepoli; di tutto avvisati preventivamente, e ammaestrati; perciocché non avessero a vacillare nella credenza? 
Eppur con tutto questo non son’eglino forse, non sono dessi; che dopo averlo veduto Crocifisso, morto, e sepolto; disperano ormai, andandosene al Castello di Emmaus; e col Redentor medesimo già risuscitato parlando, di vederlo più tornar a ricoverare il suo Popolo: che alla nuova recata in Gerusalemme di questa sua risurrezion dalle Donne, ch’erano state a visitare il sepolcro, concepiscon dei vani terrori per certe apparizioni di Angeli; anziché tosto accertarsi, che a tenor della promessa lor fatta, egli s’era già il divin lor maestro risuscitato?
 E che là nel Cenacolo finalmente, comecché lo avessero dinanzi agli occhi vivo, parlante, risorto; cimentano a ogni modo la sua onnipotenza per sincerarsene, fino a voler, ch’egli porga le aperte piaghe, e il diviso costato; e così assicurarsi, ch’era desso Gesù, che vedeano, e non un fantasima, che li ingannasse: Videte quia ego ipse sum: palpate, et videte, quia spiritus carnem, et ossa non habet, sicut me videtis habere?
Ah! pur troppo è vero, dice il Dottor Angelico, che tra le tenebre del sepolcro di Gesù, spento s’era nei suoi stessi discepoli il lume della fede, ab eorum fide, utpote resurrectionis nescia, jam manebat alienus: pur troppo è vero, ripiglia il Pontefice S. Leone, che colpiti i discepoli dall’orrido supplizio, che avealo ucciso; e dallo illanguidito suo estremo spirito, e dal sepolto suo cadavere esanimati; in una torbida diffidenza ormai giacevano, di non vederlo forse maippiù comparire risuscitato: de supplicio crucis, de emissione spiritus, de exanimati corporis sepoltura gravatis maestitudine mentibus, quidam diffidentiae torpor obrepserat. 
Ma: numquid qui dormit, dirò anch’io, miei Signori, col bel vaticinio dell’incoronato Profeta, numquid qui dormit non adiiciet, ut resurgat ?
 
Ma forse poi, che starà molto ancora Gesù, a sortirsene vittorioso del suo sepolcro?
 Ah! Eccovelo, eccovelo il Dio delle vittorie, che ormai impaziente della terza giornata risorge; che si desta dal sonno suo con la onnipotenza nella destra a combattere; che qual Sole in fin, che precipiti l’aurora sua a rilluminar col suo folgoramento la Terra; così il Redentor porta fuori frettoloso il capo lucidissimo dalla tomba, per confermar nella fede di sua divinità i vacillanti discepoli; per diradar ne’ Pagani le folte oscurità, che li accecano; e far a ciascheduno conoscer manifesto, da dove nasce il sol fin dove ricade; che quell’estremo spirito, consegnato da lui con alta voce morendo, in mano all’eterno Padre colà sulla croce; non fu no egli, uno spirito, che da violenta morte sia stato rotto sulle labbra di un’uom, che giustiziato perisce; ma bensì lo spirito di un’uomo Dio, tutto ripieno di vita: uno spirito, di quel primiero spirito perfetto emulatore, che questa vita spirò dapprincipio in Adamo colà sul Danasceno campo, e il fece vivere: inspiravit in facies ejus spiraculum vitae, et cactus est homo in animam viventem. Veni: adunque: veni spiritus; credo ben’io, Signori, di poter accogliere a questo passo con le parole di Ezechiel Profeta l’onnipotente spirito, ossia la rediviva anima bella del Redentore: veni spiritus, et insufla super interfectos istos, et reviviscant: Conciossiaché giacendo estinte infatti ne’ discepoli per la sua morte, e dimora nel sepolcro le speranze di vederlo a risorgere; egli sen viene ormai collo splendor del suo immortal risorgimento, e con in fronte alla mortal sua spoglia il segnal più vivo di sua divinità a farle insieme con sestesso risuscitate: e mentre alle genti tutte del Paganesimo egli va intimando con le voci d’Isaia Profeta, che si consolino, siccome Popol suo, e divenute già anch’esse spoglia avventurata del suo trionfo: Consolamini, consolamini Popule meus… levate in excelsum oculos vestros, et videte: Alla morte intima, e all’Inferno, dice un’altro Profeta, con le voci del tuono, e dello spavento, di essersi egli già rivestito di sua potenza per inseguir l’una, per disertare l’altro, ed ambi insieme sconfiggere: O mors ero mors tua, morsus tuus ero infernae.
 Ed oh! ed oh! a così fatte intimazioni di questo Dio risuscitato, e trionfatore; il qual non che guidasse liberato il solo Israello; come un’altra volta dalla schiavitù dell’Egitto; onde pur’esultarono i monti, come capretti, al dir di Davidde, e come agnelli teneri i colli dalla allegrezza: ma che dal sepolcro suo tornava redivivo, siccome liberator sempiterno del mondo intero dalla schiavitù di Lucifero, e della morte: quali, de! quali mai non è da creder, che diventassero in quel momento per il giubilo che li inondò, il Cielo insieme, e la Terra; e da qual viva folgorante luce non furono colpiti allora gli abissi?
 Ah! operuit caelos gloria ejus, dice un Profeta: laudis ejus plena est terra, abissus dedit vocem suam, quel Sole, Signori sì, per incominciar dal giubbilo, che i Cieli ne fecero, quel sole, dice S. Pier Crisologo, che pochi dì innanzi, mostrato avea di voler come stinguersi per compassion dell’atroce morte del Redentor, prodigiosamente oscurandosi: questo Sole, io dico; al bell’avviso della Risurezione sua, gli usati ritegni rompendo, accelerò al mondo redento la comparsa raddoppiata del suo splendore: Sol qui ut suo commoreretur auctori, meridianam mortificaverat claritatem, ut auctori suo consurgeret evictis tenebris antelucanus erupit: la Terra, che pochi giorni prima scotendosi con terremoti insoliti volea come fendersi in ispaventose voragini, e assorbir quindi alla maniera di Airone, e Datanno, quegl’ingrati, e parricidi, che il croci[fi]ssero; ridona ella in questo giorno alla vita dal seno suo quegl’istessi estinti, che tanto tempo innanzi si erano seppelliti: monumenta aperta sunt, et multa corpora Sanctorum, quae dormierant surrexerunt. 
E gli abissi pure per ultimo, alla vasta piena di lume in questo luminoso giorno li visita, li penetra, li colpisce; odono, dice S. Gio: Grisostomo, odono essi pur’un suono giubiloso, che va gridando ai Patriarchi, ai Profeti, e a tutto insieme il Coro de Giusti già trapassati, e colaggiù nel Limbo aspettanti la loro liberazione: Su, escite, o liberati, escite alla fine; imperciocché eccovi sopra il vostro risuscitato Dio che a visitar vi viene; che viene a infrangere i ceppi tutti, a scior tutte le catene, che vi ritengono: exite nunc vincti, respirate captivi; ecce vobis ignota lux fulget, ecce vobis nodus omnis, omnis catena dirumpitur.

Ubi, ubi est Deus tuus?  

Ma vaglia il vero, e qua rinovatemi, vi prego, o N. N., la vostra attenzione, ma vaglia il vero, io dissi, che nei discepoli confermati nella fede della sua divinità; e nei Pagani Popoli a questa fede medesima convocati; onde giubbilarono tanto, il Ciel, la Terra, gli abissi; compendiar non si dovea pur tutta ancora, e restringersi la gloria della Risurezione di Gesù-Cristo; No, miei Signori, conciossiaché a vieppiù maggiormente ingrandir quella gloria, dovea concorrervi, comeché a suo dispetto, la Giudea incredula; Gerusalemme ingrata dovea singolarmente a viva forza concorrerci: co’ suoi disperati, cioè, e spasimosi rancori per dover guardar risuscitato quel Gesù, ch’ella avea con sì rabbioso furor crocifisso; e per vederlo dichiararsi con questo colpo ultimo, con questo sonoro miracolo, con questa sua risurezione in somma in faccia al mondo tutto in una maniera innegabile onnipotente.
 E già non è tra voi venuto, N. N., che ben’agevolmente tra secostesso pensando, immaginar non possa, qual fosse Gerusalemme nel tempo funesto, che Gesù dimorò nel sepolcro; e quali pur fossero i sentimenti, e i ragionati, e le voci di quei perversi, e disumanati, che il crocifissero.
Siccome infatti non era avvenuto mai più, né era per avvenire che congiurato avessero, o fosser per congiurar giammai tanto empiamente insieme la terra, e l’Inferno a opprimere un’innocente, anzi pure il fior della innocenza stessa; facendolo cader qual malfattore infame sfinito, e morto sotto un nembo di persecuzioni le più crudeli; da qual giusto orrore quindi, e fremito doloroso non è egli da creder, che penetrati fossero insieme con tutta quella rea Città, e parricida, gli altari sconsolatissimi, e il Santo Tempio?
 Ah! che assassinato già il buon Gesù, così empiamente, ed ucciso; rimasta di spasimo piena là in cima al Golgota, e trapassata da fierissimo dolore la di lui madre; dispersi qua e là, e trafugati pieni di uno scandaloso timore i discepoli; uscia, o Signori, uscia, dico, pur troppo da quel velo del Tempio, che in quei ferali momenti dalla cima al fondo per l’orror si squarciò, uscia una voce, un lamento, un grido flebile, ed adirato; il qual sentendo gli angoli tutti di quelle pessime contrade, dicea: Gerusalemme, Gerusalemme ingrata, che hai per costume di svenar un dopo l’altro i Profeti amorosamente impegnatisi a farti salva; di chi è quel sangue, che ti gronda dalle mani adesso, di chi è quella spoglia sì lacera, e crocifissa?
 Rispondi ingrata: il tuo Messia dov’è egli adesso; ove se n’è andato il fior di Gesse, la stella di Giacobbe, la radice di Davidde, di Maria lo unigenito, il tuo Redentore, il tuo Dio? Ubi, ubi est Deus tuus? 
Senonché egli è da considerare, N. N., che non essendo ancor passata quella ora funesta; e seguitando pur’a dominar quella podestà delle tenebre, che il buon Gesù avea già annunziate a questa misera Città fin là dal suo doloroso Getsemani; dicendo a’ suoi arrabbiati assalitori: Haec est hora vestra, et potestas tenebrarum: ed essendo oltre a ciò costume antico delle criminose accecate anime il cader di abisso in abisso, ed esultar poi anche, e gioire delle cose pessime, e delle iniquità loro più detestabili: Quindi è, che all’orrida lamentosa voce del Santo Tempio, che dimandava ragion del morto Gesù alla Deicida Gerusalemme, e spietata: Ubi, ubi est Deus tuus?  

 

 

Eccolo costassù, rispondea piena di fasto la Sinagoga, additando il Calvario, eccolo là in cima a un monte infame, caduto alla fine oppresso sotto il cumulo delle sue reità; sotto il grave peso de’ suoi delitti: eccovelo costassù, sì, ripigliava motteggiando, e superbamente vantando il gonfio Fariseo, lo Scriba perfido, e tutta insieme quella rea torma di malignanti; eccovelo diceano, costassù in una tomba sepolto; e chiusa già di una grossa pietra, e suggellata, e ben ricinta di armati; onde non possano i discepoli di Lui rubarne il cadavere, e dir poi alla plebe, che quel seduttor risuscitò; e oscurar quindi con questa sognata risurrezione la nostra gloria: Seductor ille dixit adhuc vivens, post tres dies resurgam.
E già questo terzo giorno, dalla sepoltura di Gesù, era impaziente di spuntare ormai, miei Signori, dice S. Tommaso di Villanova: Jamque tertia dies aderat: ed era pur la Sinagoga impaziente di scoppiar a momenti nelle allegrezze del più sfrenato giubilo, secondoché le parea oltrepassato ormai quasi il tempo del temuto suo vittorioso risorgimento: cum anima illa: segue a dir il testé citato Santo Arcivescovo: cum anima illa tumulum, quo corpus jacebat, ingreditur: Alloraché l’anima sagrosanta del Redentore, vedendo giunta la bella notte, che a par del dì più chiaro, dovea, secondo la profezia di davidde, dal suo delizioso risorgimento essere illuminata: nox sicut dies illuminabitur, et nox illuminatio mea in deliciis meis: e allora appunto rammentandosi, segue a dir S. Bernardo, di esser egli desso il Leon di Giuda, il Figliuol dell’eterno Padre, non per altro addormentatosi colà un poco in quel sepolcro, che per far sentir più viva, e pesante a’ di sleali nimici la sua potenza; si scosse a un tratto, si risvegliò, e come predetto avealo già a quel Popolo miscredente, qual Giona escito dopo tre dì sano e salvo dal sen dello ingojator mostro là sulla spiaggia marina; così escì egli vittorioso della tomba col più vivo, e balenante segnal in fronte della sua divinità sempiterna, che precederlo: Suscitatus est paterna voce Leonis catulus: sono parole del S. Abate: vicit Leo de tribu Juda, clauso prodiit tumulo, qui de patibolo non descendit. Oh colpo, oh miracolo, oh vittoria, oh risorgimento! 
All’avviso inaspettato del pari, che molesto, e spaventoso, il qual vien già recato tosto alla Sinagoga da’ Soldati custodi, tremanti ancora per la paura dell’Angelo, che andò quel sepolcro a dischiudere, e portanti in viso lo squallido pallor della morte: exterriti sunt custodes, et facti sunt velut mortui: all’avviso, dico, recato da costoro alla Sinagoga, che Gesù Cristo da Lei inseguito, crocifisso, e morto risuscitò: Quantus tremor: soggiugne il soprammentovato S. Tommaso: quantus pavor improbas illas invasit mentes!  
Qual tremito, qual terrore non s’impossessò in un subito del cuor di tutt’insieme quei scellerati? Ah! fù tale il tremito, risponde S. Agostino, fù il terror di così fatta ragione, che già dal vanto, dalla gioja, dalla superbia, sono passati n un tratto alla insensataggine, al delirio, al manifesto vaneggiamento; fino a pagar i tremanti messaggeri, e perduti, onde spargano voce, che lasciatisi dal sonno sorprendere, colto avean quel tempo i discepoli di Gesu, per furar il di lui cadavere dal sepolcro: dicite quia vobis dormientibus venerunt discipuli ejus, et abstulerunt eum: Oh misera Sinagoga, esclama qua ben’a ragione, il S. Dottore, oh vaneggiante, oh insensata, che fai? che pensi? e non ti vergogni? Dormientes testes adhibes?  
Testimonj adunque, i quali dormendo nemmen di se stessi sanno alcun conto rendere, pensa la misera di poter adoprar con felicità in sostenimento della causa sua disperata; e con la manifesta bugia di costoro, crede di trarre in dubbio, o far altrui tener per falsa la sì luminosa Risurrezione del Redentore? Deh! ben davvero, soggiunge il Santo, che si addormentò ella stessa nel profondo della maliziosa sua cecità, in così fatti sogni formando la sciagurata: Vere tu ipsa obdormisti: dicea: quae talia scrutando defecisti. Senonché a rompere a suo dispetto alla Sinagoga perfida il volontario sonno scelleratissimo, che la opprime; le vanno nascendo a mille a mille in cuore i tetri pensieri, e i pallidi terrori, che la condannano: Vede anch’ella, e conosce tutto il ridicolo della sua stolta difesa, e si vergogna; vede la impossibilità di tener celata la gloria del suo onnipotente rivale, e si cruccia; risente in fine l’orror di un Deicidio per isfogar un rabbioso livore antico, che consumavala; e non può difendersi, siccome empia, ch’ella è, da una terribile disperazione; che la disanima: Ma qua, qua appunto, o N. N., egli è dove esce fuori sciamando a tutto potere il Grisostomo, ed oh! dic’egli interpellando la così mesta Sinagoga, e pallida, e avvilita, e tremante; dov’è adesso, dic’egli, o misera, quel Gesù, il qual tre giorni sono inchiodasti in Croce? 
Ubi est, quem dudum figebat in Cruce?
ove son’iti adesso, o iniquo Scriba, o Fariseo livido, o popol maligno, quei pungenti motteggi, quel vanto iniquo, e quel ridere parricida ; co’ quali mostravate gloriandovi in faccia dei dispersi discepoli di Gesù, delle piangenti Marie devote, e dell’addolorata sua Madre, mostravate, dico, poco fa il Calvario, la Croce, la spoglia esangue di lui, e la tomba suggellata, e gli armati custodi; e da che deriva invece adesso nel volto quella bianca squallidezza, che vi agita; nel cuor quell’affannoso spavento, che vi contamina?
 Ah! Ascoltatori, non lo vedete voi, non lo vedete ciò, che la Sinagoga perfida, e quegli empj cuori affanna tanto adesso, e li tiranneggia?
 Un’Angelo in bianche vesti, che balenando siede sul già dischiuso sepolcro, e fa tremare grandemente la terra; la bella gioja, che a maniera di una graziosa iride incomincia a spargersi ormai sul volto della Madre di Gesù, e de’ suoi consolati discepoli; i santi Profeti, che usciti de’ lor monumenti si fanno veder da molti, e conoscere in Gerusalemme; le devote donne tornate già dal visitar l’aperto sepolcro; e per ultime le creature tutte, che sebben’irragionevoli, ed insensate, pure applaudiano a modo loro, di brillante luce vestendosi, al trionfo di Gesù, e procuravano di vieppiù gloriosa palesar al mondo la vittoria del loro Dio: Ah! tutto questo, dico, che altro mai potea ingerir nella mente, e nel cuore de’ nimici tutti di Gesù, e de’ suoi rabbiosi rivali, senonse tremito, paura, tristezza, abbattimento, disperazione? Ecce, ecce Christus ex oceano mortis: parmi già, che intimassero a quei crudeli le creature tutte con le parole del sullodato Grisostomo: Ecce Christus ex oceano mortis, tamquam roseum jubar ascendit: Ecco, ecco, che il Redentore dell’universo, diceano, torna già vittorioso dal sen della morte; e qual Sole nel mattin più lucido, e fiammeggiante, quando risorge dalle marine onde; così va spargendo egli pien di rose il grembo le consolatrici aure, e i raggi onnipotenti di sua vittoria; in tempo, che la ingrata Gerusalemme, la Deicida, la perfida, dopo aver dovuto per forza concorrere anch’ella colle tristezze sue, co’ suoi spasimi all’ingrandimento della gloria di Gesù risorto; ov’egli recò a tutto il mondo la vita, se ne riman la ostinata sepolta in mezzo a una cieca mortal caligine, che la opprime: Ecce, ecce Christus ex oceano mortis tamquam roseum jubar ascendit, et super te Jerusalem funerea caligo permansit. Questa, ch’io vi narrai sinora, questa fu in brevi periodi la gloria, N. N. che di Gesù-Cristo risorto oggidì in cotestazion di sua sempiterna divinità, dal sen della morte, affin di consolar i suoi Cari, di ricoverar la smarrita Gentilità, di solennemente confondere i suoi nimici, e di rallegrar per ultimo lo intero universo, io mi era impegnato a descrivervi: e questa è pur quella gloria, di cui ne balenavano in lontananza sugli occhi del Regio Profeta gli esultanti luminosi riverberi, allorquando tutti, e poi tutti ci chiamava a onorar questo giorno, ch’è giorno del Signor veramente colle più vive rimostranze di giubbilosa consolazione: Haec dies quam fecit Dominus, exultemus, et laetemur in ea. Ah! non ha cuore infatti, non ha in petto cuore di Figlio, chi non ripete in sì bel giorno la gloria del caro Padre, e non si fa lieto: Dopoché la sua svisceratezza il portò a morir per i suoi Figli svenato in Croce, e non gli restò da poter più dar ad essi in contrassegno dell’affetto suo neppur’una stilla di sangue: deh! per tutta la vostra fede, io vi scongiuro a dirmi, N. N.,, quanto mai quel Cristiano, chiunque egli sia, non si palesa egli da se medesimo un Figlio indegno, che freddo sen resta, insensibile, spassionato nella celebrazione del suo trionfo; né concepisce, e prova in sestesso un vivo sentimento di spirituale gioja, al vederlo così vittorioso risorgere? Deh! vi dirò coll’Apostolo, se, come io spero, e credo di voi tutti, che m’ascoltate, se in questi santi passati giorni, voi deste di cuore al peccato un’addio eterno, e con Gesù-Cristo voi pure siete risuscitati: Si consurrexistis cum Cristo; traete ora un poco in alto sopra le stelle, e il firmamento i pensieri vostri, e guardando colassù la immortal gloria, che vi procacciò Gesù risuscitando, e il Regno beato; vestitevi poi quindi ciascheduno a gara di gioja, di esaltazione, di giubbilo, di allegrezza: Si consurrexistis cum Cristo, quae sursum sunt quaerite, non quae super terram. 
Questo giorno sì fatto, che da’ primi Fedeli, mentre era ancora in fior la pietà, riscuotea tante devote vigilie, colle quali il preveniano: tanta esuberanza di gioja, con cui già venuto lo celebravano, perché perché mai non riscuoterà da voi senonaltro, i doverosi tanto, teneri sentimenti di un cuore da Figli? Può egli dubitar forse alcun di voi di dover incontrar rallegrandovi, ed esultando pel trionfo di questo amabil Padre, d’incontrar, dico, inaspettatamente la dura sorte, che toccò un dì alla Figlia di Jepte, quando ita incontrar fuor delle patrie mura al trionfante vittorioso Padre per abbracciarlo la prima di ogn’altro, e riconsolarsene; udì intimarsi da Lui, che per cagion di un’incauto giuramento ella dovea, come la prima a vederlo essere uccisa?
 Eh! immaginate! Questo dubbio, questo timore non può nutrirlo, senonse chi se gli vuol conservar ingratamente nimico: dacché, dice il medesimo S. Apostolo, non trionfò Gesù per se solo in questo giorno, ma per noi pure trionfò; a noi fa parte della sfolgorante gloria, che lo circonda; e dopo ch’egli, siccome amorosissimo nostro Padre risuscitò; noi, noi pure, vivendo Cristianamente, dovremo un’altro giorno vittoriosi per sempre di tutti i nimici nostri, e per sempre immortali, risorgere: Christus resurrexit primitiae dormientium. Ciò, che vedremo dopo un respiro.

Christus resurrexit primitiae dormientium

II. Trattando l’Arcivescovo S. Ambrogio della risurrezione nostra, egli considera i Cristiani tutti, che nel prezioso bacio del lor Signore morirono, quasi fossero ancora liberi dal poter della morte; e stessero là riposando nella tomba, siccome presi da un sonno dolcissimo: quasi mortis exortes, dulci quodam sopore tenentur: fino a tanto che, arrivando il momento beato della risurrezione, là dove Gesù Cristo, siccome loro capo li precedette, eglino pure siccome membra di Lui lo seguano, e godano proporzionatamente la stessa gloria: Ubi enim praecessit gloria capitis, eo spes vocatur et corporis. Sì, miei Signori, siccome Gesù Cristo risuscitò, l’annunzio è di fede; anzi di tutta la fede nostra il fondamento saldissimo; noi pure dovremo un’altro giorno risorgere: Christus resurrexit primitiae dormientium: dice l’Apostolo: Sicut primitiae mortis in Adam; segue a dir il soprallodato S. Ambrogio: Ita primitiae resurrectionis in Christo, omnes resurgent. Che s’ella è così adunque, deh! novella allegrezza vi occupi di bel nuovo il cuore, dirò con S. Bernardo; empitevi il cuore, anche per questa seconda ragione di un santo gaudio: Procul ergo sit luctus, tristitiae nebula dissipetur:Quel corpo, che adesso si veste, e che tien nascosta la parte di voi più bella, ed immortale, ch’è l’anima; riposerà nel suo sepolcro, come diceva anche il Profeta Davidde, non in tutto marcito, né interamente posseduto dal dominio libero della morte; perché adorno di una beata speranza, di aver a rifiorir poi un’altro giorno, e mai più non appassire in eterno: caro mea: diceva egli, avendo la mira a questa avventurosa risurrezione: caro mea requiescat in spe. e in fatti al balenar di Cristo Gesù, dice S. Paolo, di questo sovrano trionfator della morte nel giorno estremo: Cum Christus apparverit: noi pure, se passati saremo da questa vita in istato di grazia, ci sentiremo strappar a un tratto per sempre fuor dell’impero della morte con questa stessa spoglia nostra, ridondante allora di viva gloria: Cum Christus apparverit vita vestra, tunc et nos apparebimus cum ipso in gloria: Canet enim tuba: imperciocché suonerà, continua a dir l’Apostolo, l’Angelica tromba: e a quell’onnipotente squillo, che aprirà i sepolcri tutti della Terra; che intimerà al mondo la giornata ultima; che chiamerà tutt’i Popoli, e le Genti, e le Nazioni all’universale Giudizio; Noi risorgeremo, e risorgeremo in maniera, che sendendo per alto le nuvole di una predestinata luce vestiti, andremo incontro al nostro vittorioso Iddio, per non essere distaccati mai più in eterno dal suo corteggio: Canet enim tuba, et mortui, qui in Christo sunt resurgent incorrupti: simul rapiemur obviam Christo in aera, et sic sempre cum Domino erimus. Oh l’incontro amabile però, che sarà questo, o Signori, la comparsa luminosa, il vittorioso risorgimento! Che importa adunque, ditemi in grazia, che importa mai, che gli empj, come dice il Profeta, si vantino adesso delle iniquità, che commettono impunemente, e vadano esultando nelle criminose allegrezze che li dilettano? Ah! Non resurgent impii in sudicio, neque peccatores in concilio justorum. I peccatori, e gli empj, soggiunge questo stesso Profeta, si abbandonano alle proprie dissolutezze, col funesto pegno di non aver a risuscitar in eterno: Non resurgent impii, neque peccatores: anzi col pegno di dover risuscitar sì, anch’essi; ma non già a novella vita, che li beatifichi, siccome i Giudei, dice S. Agostino; bensì a una interminabil disperazione, che li precipiti novellamente in braccio per sempre all’eterna morte: Resurgent quidam impii, et peccatores, sed jam paenis certissimi destinati. Mortificate ergo membra vestra: Eccovi la conseguenza, che ne deduceva l’Apostolo, dalla diversità di questa, o felice per sempre, o per sempre sventurata risurrezione: Mortificate ergo membra vestra, que sunt super terram, libidinem, concupiscentiam malam, et avaritiam: Adunque, dicea, con la bella speranza di dover gloriosi per sempre risorgere, deh! mortificate, dicea, confortando que’novelli Cristiani a ben vivere, le ree concupiscenze, la libidine, l’avarizia; e custodite fedelmente la legge del vostro Iddio; cosicché rassomigliandovi adesso per la mortificazione delle membra vostre alla sua morte; sperar possiate di somigliarvi un’altro giorno alla sua gloriosa risurrezione: Si enim complanctati facti sumus similitudini mortis ejus, simul et resurrectionis erimus. Sicché a conchiudere, miei Signori, ossia per la gloria di Gesù Cristo, che risorge vincitor eterno de’ nimici, che il crocifissero: Surrexit Christus: ossia per la gloria, che ne torna a noi pur da questo risorgimento, i quali ben vivendo, dovremo, siccome egli risuscitò, noi pur vittoriosi risorgere: Christus resurrexit primitiae dormientium: 
Ella è, sì, questa giornata, come diceavi a principio col Real Profeta, la giornata del Signor Iddio veramente, in cui esultar dobbiamo a gara, ed empierci tutti di una santa, e permanente consolazione:
  Haec dies, quam fecit Dominus, exultemus, et laetemur in ea.

.

Un'omelia oggi in parte censurabile
che abbiamo voluto pubblicare, su invito di Don Floriano Pellegrini, non per giudicare, ma come invito a scrollarci di dosso, se vi permangono, incrostazioni di un passato che vogliamo sepolto e come monito a rigurgiti  assurdi, soprattutto quando si ammantano di ragioni politiche, contro il popolo ebreo con il quale Dio ha stretto un'alleanza mai revocata.

.

Tutti i documenti
.
Tutti gli articoli

 

 

 


QB 

Quaderni Bellunesi. Laboratorio di cultura e politica della provincia di Belluno

Realizzato con la collaborazione del Circolo Culturale "Antonio della Lucia"