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opportunità per persone non autosufficienti


Appello al
Presidente
Giorgio Napolitano

Aborto.
Giuliano Ferrara
a Madrid

IL demanio idrico del veneto
di Antonio Marrone

Omelia di Pasqua
del 1775
Cattedrale di
Belluno

 

La situazione della gestione del demanio idrico prima delle “Riforme Bassanini”

Prima della riforma e riordino delle  competenze – ad opera del D.Lgs 112/98, meglio conosciuto come “Decreto Bassanini” – la situazione vedeva il demanio idrico spezzettato nelle competenze tra vari Enti ed Organismi dello Stato: in parte in capo alla Regione Veneto, ed in parte allo stesso Stato; ed in particolare:

 lo Stato:
 attraverso il “Nucleo Operativo del Magistrato alle Acque” gestiva
:

1 - Le grandi Derivazioni;
2 - La progettazione, realizzazione e gestione delle opere idrauliche su tratti di alveo dell’idrografia principale (relativamente agli stessi tratti, gestiva anche l’estrazione di inerti con compiti di polizia idraulica e attività di pronto intervento) come il Piave;
3 - Le dighe: quelle più “piccole” (come limite di invaso e dimensione dello sbarramento);

La Regione: 
attraverso le proprie strutture periferiche (come il Genio Civile) gestiva:

1 - - le piccole derivazioni;
2 - i lavori da attuare sui rimanenti tratti di alveo dell’idrografia principale (torrenti);
3 - lavori sul demanio idrico cosiddetto “minore” (tramite i Servizi Forestali).

Le risorse economiche
lo Stato
 attraverso il Ministero delle Finanze, gestiva:

1 - gli introiti dei canoni di piccole e grandi derivazioni;
2 - le concessioni idrauliche su autorizzazione dell’ente competente in materia idraulica.
La situazione della gestione del demanio idrico dopo le “Riforme Bassanini”

 

lo Stato:
Con l’introduzione delle “Riforme Bassanini” (1998)

Conferisce alle Regioni tutte le funzioni relative alla gestione del demanio idrico, compreso l’introito di tutti i relativi canoni;
la Regione
 diventa l'unico Ente competente in materia
 
Il complesso trasferimento delle competenze dovrebbe essere stato concluso circa un anno fa (fine 2006). Ora occorre completare la revisione dell’intero patrimonio di pratiche ereditato.

 Le provincie
Con l’introduzione della Legge regionale n° 11/2001, la Regione Veneto trasferisce alle Province le competenze sul demanio lacuale, mantenendo per sé tutte le competenze relative al demanio idrico, sia principale (in parte trasferito dallo Stato) che minore (già di sua competenza).
 La parte economica
 lo Stato
 ha regolarmente riconosciuto, da decenni, a:

- Comuni rivieraschi;
- Provincia;
- Consorzio BIM,
- i sovra canoni introitati per lo sfruttamento idroelettrico dell’acqua.

La regione, la provincia di Belluno
e la norma Paniz

La Regione, a sua volta, ha svolto interventi idraulici sul territorio utilizzando proprio i canoni introitati.
Con la “norma Paniz”, la Finanziaria 2004 (Governo Berlusconi) disponeva che le Regioni trasferissero alle Province montane i canoni introitati.
Nella sua Finanziaria, la Regione Veneto prevedeva anche il trasferimento delle competenze alla Provincia di Belluno.
Poi, con l’”Accordo Quadro” siglato tra Regione e Provincia di Belluno, si è disposto che venissero resi disponibili i canoni realmente introitati dalla Regione. 
Cosa fatta nel 2006 e 2007: le somme sono vincolate ad effettuare interventi di manutenzione d’intesa con Comuni e Comunità Montane.

Interviene il governo Prodi


Con la “Finanziaria 2006” (Governo Prodi), questa determinazione è stata cancellata con la conseguenza che ora la stessa Regione Veneto non è più formalmente legittimata a compiere questo passaggio di competenze.

La normativa attuale

Proprio nello spirito di avere una gestione unitaria del demanio idrico, tutta la normativa esistente – a partire dal D.Lgs 152/06, che ha recepito la “Legge Galli” sulla gestione delle acque – ragiona in termini di “Distretti idrografici”, che raggruppano i vari “Bacini idrografici” che travalicano i confini provinciali e a volte pure quelli regionali, proprio per avere una visione complessiva del territorio interessato e della problematica dell’intero demanio, interessato da un determinato corpo idrico.



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L’Agenzia delle Acque è un’opportunità o un danno per il Bellunese?

Con il disegno di legge presentato dalla Giunta Regionale, per la creazione di una struttura apposita – definita Agenzia per le Acque – per la gestione del demanio idrico, si vuole continuare sulla strada dell’omogeneità per quanto attiene la materia, proprio per avere un unico soggetto competente per il demanio idrico, proprio per il fatto operativamente imprescindibile, di avere politiche uniche per l’intera idrografia.
Infatti, l’esempio del Piave che coinvolge i territori di 3 Province diverse, è emblematico. Lungo l’asta del Piave ci sono opere che esistono da decenni che interessano più province e, talvolta, anche più Regioni. 
Come nei due casi sottocitati
- l’acqua prelevata dallo scarico di Soverzene alimenta impianti idroelettrici attivi nelle Province di Treviso e di Pordenone;
- l’acqua turbinata lungo il Cismon – negli impianti di Val Schener e Moline – nel Comune di Sovramonte, deriva dalla Provincia di Trento.

Un'area vasta per la gestione delle acque

Pare, quindi, evidente che sia necessaria un’uniformità di veduta e gestione complessiva della realtà che solo una dimensione territorialmente ampia può assicurare;
è certo che il territorio maggiormente interessato – in questo caso quello della Provincia di Belluno – deve poter essere adeguatamente ristorato e indennizzato, sia in termini economici che di interventi strutturali; oltre a svolgere un ruolo di indirizzo forte;l’eventuale nascita dell’Agenzia non è un attentato alla volontà di autonomia della Provincia di Belluno, bensì un efficace strumento per fare reale attività positiva e forte a favore del nostro territorio: dentro l’organo di Governo dell’eventuale Agenzia, la nostra Provincia deve avere un ruolo forte di governo e di indirizzo.
L’esempio di Veneto Strade è eloquente: chissà perché si sono fatti passare anni prima di conferire la gestione del patrimonio stradale della Provincia – che mantiene la proprietà – a questa Società, dopo che si è verificato l’efficienza operativa rispetto alla Provincia che, nel frattempo, si è dotata di mezzi (camion, ecc.) e strutture che ora divenute inutili.
L’Agenzia potrebbe poi anche avere maggior forza nei confronti dei Consorzi Irrigui della pianura, nel rilascio delle concessioni per l’utilizzo dell’acqua per scopi irrigui, facendo riconoscere alla stessa il vero valore economico.
Oggi lo spreco della risorsa a cui assistiamo – complice anche un sistema arcaico di irrigazione delle colture di pianura – può essere combattuto da una struttura forte e politicamente supportata.

Antonio Marrone – Consigliere Provinciale
Belluno 8 marzo

 

 


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Quaderni Bellunesi. Laboratorio di cultura e politica della provincia di Belluno

Realizzato con la collaborazione del Circolo Culturale "Antonio della Lucia"