Quaderni Bellunesi
Laboratorio di cultura e politica della provincia di Belluno
anno 2013 | numero 55 | dicembre
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Belluno in libreria Campedel

DALLA SPECIFICITA’ ALLA MONTANITA’

Quando sento ripetere che la montagna ha bisogno di norme specifiche, mi tornano in mente le parole di uno studente che, a conclusione di un seminario, mi disse: “è come scoprire l’acqua calda”. Questo perché la nozione stessa di specificità è poco adatta, anche se collegata al tipo di territorio di volta in volta preso a riferimento.
L’Italia è il paese europeo a più forte vocazione turistica proprio per la specificità dei propri territori, di ogni territorio. Pertanto, sono del parere sia utile, qualora si voglia affrontare seriamente il problema di quelle zone montane che soffrono chiaramente un deficit di competitività rispetto ad altre realtà dell’arco alpino, utilizzare una terminologia appropriata in funzione dei problemi che si vogliono risolvere.

Infatti, solo un linguaggio tecnicamente corretto e non influenzato da “mode” è in grado di costituire la base per ogni ragionamento e riflessione seri sulla montagna. Mode che hanno influenzato pure il legislatore regionale quando, nell’art. 15 del nuovo Statuto veneto, parla di specificità dei territori montani e della Provincia di Belluno, salvo subito riconoscere, all’interno della medesima disposizione statutaria, come il concetto de quo appartiene anche ad altre aree del territorio regionale come quelle rurali, deltizie, a quelle interessate da transizione industriale etcc.

Ma allora, se tutti sono specifici, che cosa rende la specificità bellunese diversa se non meritevole di maggior tutela rispetto agli altri? Se l’art. 15, comma 5, dello Statuto riconosce forme e condizioni particolari di autonomia amministrativa, finanziaria e regolamentare alla Provincia di Belluno, sul presupposto della specificità del territorio montano, perché analoghe condizioni non valgono anche per le altre aree specifiche del territorio della Regione del Veneto?

E’ vero che lo stesso Statuto, all’art. 15, comma 2, consente alla Regione, previa intese con Province o enti locali associati, di conferire con propria legge “particolari competenze amministrative”, ma è evidente, se raffrontiamo il comma 2 con il comma 5, che il favor per Belluno è certamente più accentuato e garantito.
Allora, al fine di dare una più forte giustificazione a questo status particolare riservato al territorio bellunese, forse sarebbe stato opportuno richiamare nello Statuto regionale, nella parte relativa a Belluno, quella disposizione costituzionale, l’art. 44, comma 2, che non si serve del concetto di specificità, troppo generico e perciò stesso applicabile a ogni realtà, ma quello più consono di montanità (“La legge dispone provvedimenti a favore delle zone montane”). La norma costituzionale ha in sé grandi potenzialità attuative, ponendo al legislatore un particolare scopo da perseguire e vietando normative che contengano disposizioni contrarie a quest’ obiettivo.

Sebbene dalla lettura dell’art. 44, comma 2, Cost. non emerga alcun obbligo di mantenimento di una Provincia nelle zone montane, la sua lettura congiunta a quella degli articoli della Convenzione delle Alpi del 1991, ratificata dall’Italia nel 1999 (salvo alcuni protocolli), pone il problema, visto anche il numero di Comuni di piccole dimensioni, dell’opportunità di un ente di area vasta in grado di fare sintesi delle diverse istanze provenienti dal territorio e mediazione tra questo e i livelli di governo superiore. Un ente che, in ragione della sua montanità, potrebbe essere chiamato a svolgere un ruolo strategico per il rilancio del bellunese, molto di più rispetto all’attuale Provincia.

E’ evidente, quindi, che la montagna rappresenta una sfida per il legislatore tanto statale, quanto regionale, provocato a rendere sempre più dinamico il principio di differenziazione, che è uno dei criteri indicati nell’art. 118, comma 1, della Costituzione per l’allocazione delle funzioni amministrative.

Perché, ad esempio, non pensare a una Provincia come distretto culturale per tutte le iniziative di montagne, o a un ente di coordinamento delle diverse strutture sanitarie sparse nel territorio? Oppure perché non lasciare alle Province montane tutta la competenza amministrativa in materia di ambiente, ecosistema e beni culturali (sulla scia di una interessante proposta contenuta nel recente Libro bianco sulla montagna) su cui lo Stato, ai sensi dell’art. 117, comma 2, Cost. ha la potestà legislativa esclusiva?

Solo rafforzando le funzioni provinciali nel senso ora indicato, è possibile salvare quell’essenza della montanità bellunese rappresentata e alimentata dalle c.d. terre alte, la cui promozione e salvaguardia costituiscono l’unico e forse ultimo ancoraggio per fermare un pericoloso appiattimento della Val Belluna verso le zone di pianura. Certo, è fondamentale che le comunità si riconoscano nella Provincia e questo non può che passare attraverso la revisione dello Statuto dell’ente che faccia dello stesso il punto d’incontro di un orgoglio condiviso: la montanità

Daniele Trabucco
Assegnista di ricerca post-dottorato in Istituzioni di Diritto Pubblico



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