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Chi ha in casa un familiare con una patologia grave e invalidante,
 vive spesso la mancanza di un'assistenza adeguata

Un manifesto "per il coraggio di vivere e di far vivere"
Ogni malato  deve essere posto nelle condizioni di poter vivere dignitosamente
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L' inguaribile voglia di vivere.

"Da quasi quattro anni sono malato di sclerosi laterale amiotrofica, malattia neurodegenerativa che porta a morte i motoneuroni, cellule nervose della corteccia motoria cerebrale, del tronco encefalico e del midollo spinale, portando alla paralisi progressiva della muscolatura volontaria, sino all’arresto respiratorio. Nonostante sia costretto sulla sedia a rotelle, possa solo muovere due dita della mano dx, alimentato artificialmente per via enterale tramite PEG durante la notte, supportato dalla ventilazione non invasiva notturna e parzialmente durante la giornata, totalmente dipendente dagli altri, apprezzo sempre di più quanto sia bello vivere anche in queste condizioni, con dignità e buona qualità di vita e sentirmi ancora utile, prima di tutto a me stesso, ma anche agli altri. Sono inoltre fortunato, in quanto pur essendo la malattia così devastante, lascia totalmente integre le funzioni cognitive: e questo è il valore aggiunto, basta usarlo nel modo giusto. Tutto ciò mi permette di continuare a fare il medico, anzi essere passato dall’altra parte, mi permette di lavorare ancor meglio, con una maggiore attenzione verso i bisogni dei miei pazienti. Ma anche a battermi per la tutela della vita in ogni sua fase: dall’inizio alla fine." 
Chi scrive queste cose è Mario Melazzini, primario del day hospital oncologico al S.Matteo di Pavia, presidente dell'AISLA (Associazione Italiana Sclerosi Laterale Amiotrofica), uno degli autori del manifesto "per il coraggio di vivere e di far vivere". Non è facile parlare di una persona così speciale, colpito a tradimento da una prova tanto dura proprio quando tutto andava a gonfie vele: padre di famiglia, medico affermato, sportivo...anche un bell'uomo, aggiungo io. Quello che colpisce di lui è il suo coraggio, la sua determinazione, la ragionevolezza della sua posizione umana. Lui, che quando gli hanno comunicato la diagnosi, ha pensato di morire. Si è recato in Svizzera, presso una di quelle associazioni che aiutano al trapasso, ma rimase sbalordito dalla totale freddezza con cui gli veniva presentato il suicidio ("quasi fosse un lifting" disse in una intervista). Allora si ritirò in montagna, da solo, per quattro mesi, a leggere e rileggere il libro di Giobbe, finchè comprese che "quando non rimane altro che Dio, soltanto allora ci si rende conto che solo Dio ci basta".
Fu l'inizio del cambiamento, una specie di rinascita, la scoperta che – paradossalmente - la malattia può diventare una forma di salute. Come? Innanzitutto perchè permette di sentirsi ancora utili a se stessi e agli altri, a cominciare dai propri familiari e dagli amici. 


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L'inguaribile voglia di Vivere.
Malati testimoni di speranza.
Storie che i mas Media non raccontano
di Massimo Pandolfi 
Editrice Ares
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Nel caso del dottor Melazzini poi, anche nei confronti dei propri pazienti: chi può capire un malato meglio di un malato? 
Il punto è che questi deve essere posto nelle condizioni di poter vivere dignitosamente, che qualcuno si faccia carico dei problemi suoi e della sua famiglia. Sappiamo tutti che non è così. Chi ha in casa un familiare con una patologia grave e invalidante, vive spesso la mancanza di un'assistenza adeguata, di un supporto alla famiglia, talvolta persino della solidarietà di amici e conoscenti. 
Da quando è presidente dell'ASLA, il dottor Melazzini si batte affinchè vengano applicate tutte le leggi perchè la dignità delle persone fragili sia riconosciuta e favorita con i fatti, perchè la malattia e la disabilità non siano criteri di discriminazione sociale e di emarginazione.
Viviamo tempi in cui si discute sempre più spesso - e con sempre minore chiarezza – di "diritto alla morte", di eutanasia, del principio di autodeterminazione del paziente. Il caso Welby ha dimostrato che a livello politico e mediatico chi vuol morire fa notizia, mentre non fa notizia chi – magari trovandosi anche in peggiori condizioni - chiede di poter vivere con dignità, con un'assistenza adeguata, con risorse economiche ed umane sufficienti. Ricordiamoci tutti, malati e sani, che la malattia può essere una risorsa. Per tutti. Perchè, come dice Melazzini, "la malattia non porta via le emozioni, i sentimenti e fa anzi capire che l'essere conta più del fare. (...) Un corpo nudo, spogliato della sua esuberanza, mortificato nella sua esteriorità, fa brillare maggiormente l'anima, il luogo in cui sono le chiavi che possono aprire la porta per completare nel modo migliore il proprio percorso di vita."

 Donatella Da Corte
dirigente di I livello presso Oncologia Medica – ospedale S.Martino di Belluno
14 febbraio 2008

info@quadernibellunesi.it
   

Per sottoscrivere il manifesto
www.liberidivivere.it 

 

 

 

 

 


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