Quaderni Bellunesi
Laboratorio di cultura e politica della provincia di Belluno
anno 2013 | numero 51 | ottobre
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Vajont. La strage
Una intepretazione controcorrente


Qaunte chiacchere da " quelli del dopo"!
Il Vajont è sempre più nella memoria collettiva, ma si sa la storia è un’arte e ha quindi mille sfaccettature a seconda dei punti di vista: la storia non è mai stata e forse mai sarà maestra di vita.
La pubblicistica più accreditata che continua a riempire gli scaffali delle librerie fa risalire la catastrofe alla avidità del profitto visto come una sorta di peccato originale che millenni di storia hanno reso diabolico e si è finito per individuare la strage nel punto di incontro tra il profitto e l’asservimento a strategie o politiche voluto da un sistema Stato corrotto e corruttore.
A me pare che le cose siano andate diversamente e abbiano mostrato come la tragedia fosse, invece, il frutto di una ideologia non percepita come tale, ma che può divenire , se e quando domina il cuore dell'uomo, promotrice di grande efferatezza.

Andando per gradi.
1950 Nei sussidiari delle elementari - mi sembra di leggere ancora la pagina del mio di quinta elementare - si imparava come l’Italia non possedesse miniere, ma fosse ricca di oro bianco, l’acqua, con la quale si poteva non solo irrigare le assetate pianure venete, ma anche produrre l’energia così necessaria. Era la cultura del tempo, entro la quale fu progettata l’asta del Piave e del Cordevole e la provincia di Belluno iniziò a crescere economicamente.

1960 L’ingegneria edile aveva fatto passi di gigante sopportata da una ricerca di altissimo livello che l’aveva portata a svettare a livello internazionale.
Ad un corso per giovani periti organizzato dalla SADE, Società Adriatica di Elettricità che stava costruendo la diga del Vajont, venne detto dall’ingegnere Semenza che con il Vajont si sarebbe costruita la diga più alta del mondo, impresa grazie alla quale si poteva pensare di avere la concessione per costruire una diga enorme sul lago Vittoria in Congo, dove produrre energia da trasportare poi in Italia con una linea a 720.000 Volt. Qui sta il punto!
1970 Come contrappunto. Lo stato disponeva a livello nazionale di soli 9 geologi, in un momento in cui tra l’altro era necessario implementare le carte geologiche del territorio ancora del tutto assenti.

I tecnici SADE erano convinti di possedere una tecnica ingiegneristica di così alto livello da poter garantire e superare ogni difficoltà che venisse dalla geologia che ancora arrancava per conquistarsi qualche legittimità. Gli ingegneri erano convinti di possedere con la tecnica il "verbo" risolutore: la tecnica poteva avere per antagonisti solo gli ignoranti, gli affamatori del popolo.
Si era fatta così ideologia, l'ideologia che ha governato tutto il Novecento. La supponenza della tecnica ha fatto costruire palazzi e città incapaci di offrire vita degna a chi li abita, ha cementato i greti dei fiumi, ha costruito, sulle falde delle montagne, ha ridotto in frantumi l’intero territorio nazionale: i calcoli al genio di turno hanno sempre garantito tutti.
E’ la stessa ideologia tecnica che opera, senza un controllo culturale e politico, anche nei campi dell’ingegneria genetica e alimentare. Forse i nostri nipoti ne vedranno le stragi

Noè Zanette
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