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Un racconto di John Pante
Il Pappagallo
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Narrativa e Poesia


John Pante
Il pappagallo

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Luigi Gentilini poesie inedite

Natale 2008 poesie religiose di Luigi Gentilini

Parole al Vento. Poesie di Paola Bettiol

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Michele Balen
Il progresso

La poesia di Lorella De Bon

Nei sobborghi della metropoli. 
Viaggio di  don Davide Fiocco nella terra di madre Teresa

Fulcio Bortot
Morte  e perdita di una donna non comune

 Gasperi
Poesia_bellunese

Fulcio Bortot
La "Falcadina" I malanni di un tempo. Racconto

Fulcio Bortot
Partire per la "merica" 

Fulcio Bortot
La mungitura

Il pappagallo

Tredici anni sono pochi, si è appena più che bambini a quella giovane età. Serve ancora molto aiuto per camminare nella vita, venendosi a formare in quel tempo carattere e inclinazioni. Eppure quella era l'età nella quale Monica, giusto un secolo fa, lasciò la casa del piccolo paese di montagna per raggiungere a Torino la sorella, già a servizio in una facoltosa famiglia piemontese con bambini da accudire; ma non di sole giovani "servette" erano - questi montani luoghi veneti - serbatoi per le città. Molte erano anche le madri a lasciare ai nonni ed al latte delle capre i propri minuscoli neonati appena messi al mondo per recarsi a far da balie e nutrire, ai loro capienti seni, più agiati parti.

Le piccole domestiche, fornite di divisa e sotto direzione di più anziane lavoranti, correvano per casa senza sosta, con paga minima, ma meglio che al paese dov'era fame e condizione miserevole di vita (illuminata da intensa fede nel divino e sopportando con dignità paziente il peso del destino).

Qualche anno dopo, matura e ancora più temprata nel fiero suo carattere, se ne tornò al paese trovando un posto, insolito per donna di quell'epoca, da svelta portalettere con bicicletta al fianco. In lungo e in largo recando belle e brutte nuove: da chi lontano se ne sarebbe rimasto per molto tempo ancora, da chi non sarebbe mai più tornato a casa.

Veniamo a lui. Voglia di andare o di rimanere è sempre penosa decisione, ma la necessità che spinse Giovanni non ammetteva dubbi o titubanze perché la fame (quella vera) costringeva dove il pane poteva trovarsi e la fatica, molta, era messa in conto ...e la speranza del ritorno, se si aveva tal fortuna, era medicina per il cuore sofferente. Con la nave andò in Brasile a raccogliere il caffè. Un secolo è passato e tante guerre, tanto odio tra gli umani comandanti degli Imperi, tante vite, giovani, spezzate. Ritornò con qualche soldo e un pappagallo parlatore dal variopinto piumaggio.

Nei suoi frequenti percorsi verso la città nel fondo valle dov'era la stazione per il carico di merci, ché si era fatto carrettiere, conobbe la giovane postina. Il suo paese non era lontano da dove stava lei, solo un po' più in alto, oltre la gola segnata dal ripido torrente, superando un elevato ponte. Lassù fece casa con bottega e con Monica mise su famiglia, ma per vivere non facile gli fu ancora il sacrificio trasportando col carretto trainato da fedelissima cavalla - ad ogni alba - merci varie dal paese al punto di partenza ferroviario, che piovesse o fosse caldo. Se era freddo, per scaldarsi un po' di grappa nella piccola fiaschetta.

Sua moglie apriva l'osteria dopo messa prima mattutina, servendo agli uomini, che si recavano a lavorare i campi, il bicchierino di "prugna" o di marsala, oppure di corroborante "ferrochina": il caffè, in quegli anni, era bevanda ancora sconosciuta nel pubblico esercizio di un luogo confinato tra gli alti monti. Collegata all'osteria, la minuscola bottega di generi alimentari dove le donne andavano a far la spesa "a credito". Sgombro, pasta sfusa, un po' di olio e di conserva... Monica segnava sul libretto; i conti li avrebbero saldati (in fiducia che poi ne avessero possibilità concreta) i capi-famiglia una volta tornati dal loro lavoro stagionale: o all'estero, i muratori, o in Piemonte, i tagliaboschi. All'entrata del negozio Cocorito, l'esotico animale divenuto montanaro, brontolava a modo suo con le paesane. Portava buon umore…

Ebbero un figlia nel '21, l'unica loro figlia, alla quale debbo la mia vita. Prima che io nascessi lui se ne andò...e questa volta fu per sempre. Me lo descriveva spesso la nonna quando da bambino, osservando la sua grande foto incorniciata appesa nella sua camera da letto, con curiosità chiedevo informazioni su quell'uomo dai lunghi baffi neri ed occhi buoni. Più di tutto mi viene alla memoria il suo tenero ricordare. Mai era disgiunto dal rimarcare, con fare affettuoso, l'espressione del volto del marito al quale tanto volle bene: "...non sparì mai il sorriso dalle sue labbra - mi diceva - da quando, da quelle terre lontane dov'era andato con la nave, con il suo pappagallo fece ritorno per restare...".


John Pante
23 dicembre 2009

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Realizzato con la collaborazione del Circolo Culturale "Antonio della Lucia"