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L'altare di Tisoi
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Tisoi è una piccola frazione del Comune di Belluno dal quale dista circa 6 km. Sorge a ridosso di una catena di monti, dal Peron al Talvena, al gruppo dolomitico dello Schiara, che lo riparano dalle correnti fredde del nord; adagiato a 565 metri di altezza in una posizione continuamente soleggiata, è oggi una delle " perle" paesaggistiche  della Val Belluna.
 La sua storia si perde nei secoli, ma solo dal 1400 si trova traccia  della sua vivacità sociale e culturale. Nel 1410 fu sottoscritta La "Carta Regulae. Pro Regula de Tisoi" e nel 1550 ebbe il suo massimo splendore proprio a Tisoi una "Scuola di pittura".
Resta, così, ampiamente giustificata la presenza nella chiesa parrocchiale di un polittico cinquecentesco di assoluto pregio, tra le opere d'arte più belle dell'intera provincia. Ce lo descrive con grande maestria  Arturo Giozzet 

L'altare ligneo della Chiesa Parrocchiale  dei santi Severo e Brigida di Tisoi


Tisoi in un disegno di Altieri Tramontin

E' oramai storicamente confermato che l’altare della chiesa parrocchiale di Tisoi (Belluno) proviene dal soppresso convento delle monache benedettine cistercensi del convento dei SS. Gervasio e Protasio, facendo risalire la derivazione all’epoca della Repubblica Cisalpina (periodo napoleonico), quando gli Ordini religiosi furono soppressi e i loro beni, divenuti demanio dello stato, furono venduti a modico prezzo agli eventuali acquirenti, nella maggior parte dei casi alle parrocchie limitrofe.
Così è avvenuto per il monumentale altare oggi conservato nella chiesa di Tisoi.
Lo storico Luigi Zacchi nella sue "Notizie storiche del Convento di S. Gervasio"(1901) a questo proposito scrive:
"Subito dopo la sfratto dato alle benedettine, i francesi incominciarono a porre a soqquadro quanto v’era nel convento e nella chiesa. […] L’altar maggiore della chiesa, una delle migliori opere del Carpaccio, dalle monache con ragione considerato di gran valore, presentemente adorna la chiesetta parrocchiale del villaggio di Tisoi presso Belluno, dove, dal convento, venne trasportato appunto nell’anno 1810. Non si conoscono però con esattezza le ragioni di questo trasporto. Parecchie sono anzi le versioni sopra questo fatto, delle quali ne ricorderò qualcuna. V’ha, ad esempio, chi dice che venne messo all’asta, come le altre cose, acquistato da parecchi agiati contadini di Tisoi ed adattato nel coro di quella chiesa, che mancava ancora dell’altare. Qualche altro afferma che, ritrovandosi le monache di S. Gervasio in gravi ristrettezze economiche per le sofferte spogliazioni, siano state costrette, qualche anno prima della demaniazione, a venderlo e che qualche ricco signore ne abbia fatto l’acquisto per darlo in dono alla chiesa di Tisoi, ch’era stata costruita pochi anni prima. Qualcuno infine assicura che, appena s’ebbe sentore che le chiese sarebbero state spogliate, si pensò di salvare dalle ugne rapaci dei francesi questo stupendo lavoro d’arte, togliendolo dalla chiesa del monastero. Tutto l’altare sarebbe stato diviso con molta cura in parecchie parti, collocato sopra carri e ben nascosto in mezzo al fieno, ed in questo modo trasportato a Tisoi, villaggio fuori di mano, al quale si giungeva per una strada assai difficile e faticosa. L’altare poi, dopo la partenza dei francesi, sarebbe stato ceduto a buoni patti alla chiesa suddetta".


Altare di Tisoi - particolare


Altare di Tisoi - particolare


Altare di Tisoi - particolare

Il grandioso e monumentale altare ligneo (cm 560x353x80) è stato definito dalla restauratrice Milena Dean come "opera di grande fascino e qualità non avvicinabile alle produzioni della bottega di Giovanni Auregne, come si riteneva da sempre".
Al centro della predella è presente la data "1647", tradizionalmente presa come data d’esecuzione dell’altare, ma in seguito smentita dalla critica che la considera troppo avanzata.
La data, infatti, compare incisa nelle tavole della struttura e non inserita, come di norma, all’interno di un cartiglio intagliato o dipinto.
Certamente la grandiosa macchina lignea, estremamente complessa se paragonata alle tradizionali architetture dell’altaristica bellunese, venne progettata per ospitare i dipinti cinquecenteschi che tuttora la ornano, prima contenuti in un altro altare.
L’architettura si compone di una prima grandiosa cornice a portale in cui si inserisce, su di un piano arredato, una seconda struttura a cornice su tre registri, sede dei dipinti.

Descrivendolo in modo schematico si ha una predella con dadi in aggetto su cui poggiano due grandi colonne decorate con rami d’ulivo e melograni, in cui s’inseriscono due terne di testine di monache e di cherubino; al di sopra insistono capitelli compositi. Le colonne sorreggono un’architrave spezzata con dadi in aggetto su cui sono applicate graziose teste di cherubino.
La chiave di volta con volute è la sede di un angioletto col braccio destro proteso, un tempo recante una ghirlanda; le "vele" dell’arcone sono decorate con foglie e fiori d’acanto dorati su fondo azzurro.Termina la composizione la trabeazione spezzata con timpano curvilineo, decorata con modanature classiche (palmette, dentelli, rosette, modiglioni), su cui sono posti tre angeli; i due in posizione laterale vestono dei lunghi abiti e recano una palma (un tempo lunghe trombe, ora perdute, di cui rimane memoria delle chiodature di fissaggio sulle labbra e sul palmo delle mani), quello centrale, seduto su una mensola con volute, è ignudo e in origine reggeva un violino, ora perduto.
Sopra la predella, dietro le colonne, vi è la struttura decorativa estremamente complessa progettata per contenere le tavole cinquecentesche.Tale struttura è composta da un primo registro, che poggia sulla predella, decorato con due cariatidi che incorniciano una tavola lignea ottocentesca, mentre in origine doveva essere la sede della predella del polittico.

Altre due coppie di cariatidi si inseriscono tra gli intercolumni e sui fianchi dell’altare. Al di sopra corrono semicolonne con tralci di vite, scanalate e paraste decorate con foglie d’acanto che si sviluppano da un’anfora alla base. Al centro si trova una grande cornice tripartita scandita da semicolonne con roselline e semicolonne con foglie d’acanto che si sviluppano da altre anfore. In questo spazio architettonico sono collocate le tavole della Vergine in trono e dei due santi martiri Gervasio e Protasio.

Molte parti sono impreziosite da lacche rosse e verdi; nella trabeazione compaiono finti marmi neri, rossi e grigi. L’intaglio, estremamente raffinato e ricco, lo si nota soprattutto nella leggerezza dei racemi e nella bella fattura degli elementi antropomorfi. La notevole affinità stilistica accompagnata dalla corrispondenza della tipologia costruttiva con l’altare della vicina chiesa di S. Gottardo datato 1616 hanno portato la critica a far retrocedere la datazione entro il primo ventennio del secolo XVII.

  Arturo Giozzet

  www.quadernibellunesi.it 


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