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2a domenica di Quaresima .  8 marzo 2009.  Cortina. 
«Non videro più nessuno, se non Gesù solo, con loro»:
per gli apostoli non c’era più bisogno di niente altro: a loro bastava Gesù.
Come non c’è bisogno che io aggiunga altro: ci basta Gesù!

Omelia del decano don Davide Fiocco

 

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La trasfigurazione

Le letture di questa seconda domenica di Quaresima hanno un filo rosso che le collega: sono tre monti: l’anonimo monte nella regione di Moria, dove Abramo sale col figlio Isacco, il monte Tabor e, sullo sfondo, annunciato ma non ancora esplicito, la collina del Golgota, in sé una piccola altura, ma tanto importante da diventare un monte.Saliamo dunque sul monte nel territorio di Moria. È un episodio che ci lascia inquieti, per quel crudele comando che Dio rivolge ad Abramo:

«Prendi tuo figlio, il unigenito, che ami, Isacco, e va’ nel territorio di Moria offrilo in olocausto su di un monte che io ti indicherò».

La figura di Abramo racchiude il mistero di ogni uomo, di ogni credente. Ci sono momenti nella vita, in cui Dio sembra davvero chiedere l'impossibile. Pensiamo al momento del dolore, del lutto… o a quello della delusione più lacerante. Sovviene il volto di alcune persone e il loro grido di ribellione in alcuni momenti della vita. È un’esperienza universale che pone un enorme punto di domanda sull’esistenza umana: che senso ha? Che volto ha Dio? Dov’è Dio? Ma Dio che se ne fa di tutte le lacrime che irrigano la terra? «Offrilo in olocausto su di un monte che io ti indicherò».
Abramo è icona del credente, ma è soprattutto icona di uno che cambia il modo di vivere la religione: quel giorno ad Abramo Dio impone una conversione. Abramo sembra perfino disposto a sacrificare il suo figlio unigenito, quel figlio tanto desiderato.
Ed ecco che un’antica tradizione biblica, attestata nel 2Cron (2,31), identifica il monte di Abramo con la collina dove poi sorse il tempio di Gerusalemme: cioè con il luogo dei sacrifici, con quel tempio in cui il pio e religioso israelita portava a Dio i suoi sacrifici, offriva a Dio una vita animale (capre, agnelli, colombe) in sostituzione della sua.
Ma Dio ferma questa logica del sacrificio. Non c’è bisogno del sacrificio del figlio.
E così arriviamo sul monte Tabor, questa altura solitaria che si erge sulla fertile pianura del nord. Un giorno, Gesù vi trascina i suoi amici, i discepoli; essi si sono appena ribellati all’annuncio della passione. Lì sul monte, la natura intima di Gesù esplode, trasuda, si sprigiona nella sua umanità; come un corto circuito di quella preghiera: Gesù uomo prega Dio Padre; ma Gesù è anche Figlio di Dio ed ecco che questa natura divina esplode e brilla sul suo volto, sì da invadere perfino le vesti. E poi Mosè ed Elia confermano – come devoti chierichetti – tutto: la Legge e i Profeti, tutto l’AT converge su quel volto. Una visione fascinosa, tanto che Pietro vorrebbe fermare il tempo sul Tabor: restiamo qui! Ma è anche una visione che impegna, che sconvolge: «erano spaventati», com’è giusto davanti al mistero tremendum et fascinosum di Dio. La voce del Padre sigilla quanto il Figlio ha detto: «ascoltatelo!».
Così arriviamo al terzo monte, il Golgota: il filo rosso delle tre montagne porta lì: sul Moria Abramo era disposto a sacrificare a Dio il proprio figlio, ma Dio lo ferma; su quello stesso monte, simbolo di ogni religiosità e di ogni devozione, l’uomo vuole sacrificare qualcosa a Dio… Ma alla fine è Dio stesso che sacrifica il proprio Figlio. Ecco quindi il canto di contemplazione che Paolo appone nella lettera ai Romani:

«Egli che non ha risparmiato il proprio Figlio, ma lo ha consegnato per tutti noi, non ci donerà forse ogni cosa insieme con lui?».

Torniamo ancora un attimo sul Tabor: «Uscì una voce dalla nube: «Questi è il Figlio mio prediletto; ascoltatelo!». E subito guardandosi attorno, non videro più nessuno, se non Gesù solo con loro».«Ascoltate Gesù»: è un imperativo attuale, perché c’è un rischio. San Giovanni della Croce, guarda un po’ un grande mistico, che pure aveva vissuto impressionanti esperienze interiori, diceva: se Cristo è l’ultima parola, dopo di lui, Dio s’è fatto muto. Dio ha già detto tutto, non ha cose nuove da rivelare: chi gli chiede nuove rivelazioni o risposte, lo offende, come se non si fosse ancora spiegato chiaramente.
Ma quanta smania c’è tra i cristiani di nuove rivelazioni, di cose sensazionali… quanta curiosità religiosa che allontana dalla Scrittura, dai sacramenti, dalla vita comunitaria: rivelazioni private, messaggi celesti, voci di varia natura!
Non che Gesù Cristo o la Vergine non possano parlare anche attraverso questi mezzi; ma comunque solo a confermare quanto Gesù Cristo ha già detto, una volta per sempre.
Lo ricordava persino il poeta Dante ai cristiani del suo tempo:
 «Siate, cristiani, a muovervi più gravi /: non siate come penna ad ogni vento, / e non crediate ch’ogni acqua vi lavi. / Avete il novo e ‘l vecchio Testamento, / e ‘l pastor della Chiesa che vi guida: / questo vi basti a vostro salvamento» (Paradiso V,73-78).

«Non videro più nessuno, se non Gesù solo, con loro»:

per gli apostoli non c’era più bisogno di niente altro: a loro bastava Gesù.
Come non c’è bisogno che io aggiunga altro: ci basta Gesù!

-
.don.davide@parrocchiacortina.it


Chiesa parrocchiale di Cortina

 


È un’esperienza universale che pone un enorme punto di domanda sull’esistenza umana: che senso ha? Che volto ha Dio? Dov’è Dio? Ma Dio che se ne fa di tutte le lacrime che irrigano la terra? 


 


 

 

 

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