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         Quanti di noi sanno bene come è strutturata la messa e in che modo Dio è 
presente e operante in essa?  
 Eppure è sicuramente il rito (e Sacramento) a cui 
si partecipa più spesso. 
        Quanti conoscono la struttura 
dell’anno liturgico, con i suoi diversi colori e le sue regole?  
 Eppure dovrebbe 
essere questo a scandire la vita dei cristiani. 
        Quanti conoscono e con questa 
conoscenza vivono l’importanza e la ricchezza in simbologia dei riti pasquali? 
Eppure sono il culmine della nostra fede e la fonte di tutte le nostre
        celebrazioni. 
        La partecipazione attiva 
non è inventarsi nuove celebrazioni, nuovi riti, nuovi simboli, ma 
conoscere, approfondire e comprendere (per quanto ci è dato dalla condizione 
umana) il mistero e il senso profondo della liturgia, per potervi partecipare 
attivamente e non da spettatori ignari di quanto avviene. 
        Assieme a ciò vi deve essere 
da parte dei sacerdoti una profonda conoscenza e un grande rispetto delle norme 
liturgiche, in quanto “troppo grande è il Mistero dell’Eucaristia «perché 
qualcuno possa permettersi di trattarlo con arbitrio personale, che non ne 
rispetterebbe il carattere sacro e la dimensione universale».” (Istr. 
Redemptionis Sacramentum, 11)“  
 La 
liturgia è il culmine verso cui tende l’azione della Chiesa e, insieme, la fonte 
da cui promana tutta la sua virtù. Essa è quindi il luogo privilegiato della 
catechesi del popolo di Dio. 
         La catechesi è intrinsecamente collegata con tutta 
l’azione liturgica e sacramentale, perché è nei sacramenti, e soprattutto 
nell’Eucaristia, che Gesù Cristo agisce in pienezza per la trasformazione degli
uomini ” 
        La catechesi 
e quindi la formazione liturgica mirano a introdurre i fedeli nel mistero di 
Cristo in quanto procedono dal visibile all’invisibile, dal significante a ciò 
che è significato, dai ‘sacramenti’ ai ‘misteri’.È necessaria 
nella nostra Chiesa una profonda educazione liturgica, un giusto insegnamento e 
l’esercizio per imparare l’atto di culto. 
         Se questo non viene fatto, a nulla 
sarà giovata la riforma dei riti e dei testi attuata dal Concilio. 
        Poiché non 
si può scindere la lex credendi dalla lex orandi, ci si 
augura che si approfondisca la realtà dei sacramenti, e che essi sussistono per 
mezzo dei riti e delle preghiere, per mezzo di segni sensibili. 
        Inoltre non 
ci si può fermare a considerare solo che cosa è la liturgia, ma il che 
cosa deve sempre essere pensato assieme al perché: perché il dono, 
perché lo Spirito Santo è presente e perché a noi è donato attraverso segni
        sensibili. 
        Per giungere 
a ciò e alla partecipazione attiva auspicata dal Concilio, si deve curare 
molto la retta celebrazione, il rispetto delle norme liturgiche e l’iniziazione 
(formazione) dei fedeli alla liturgia, che è realmente fonte e culmine 
dell’azione della Chiesa. 
        La Chiesa 
d’Occidente ha sempre sentito forte l’impegno di 
evangelizzazione/missione/annuncio, sottolineando di meno la parte celebrativa. 
        La Chiesa 
d’Oriente invece ha sempre visto il celebrare bene come mezzo privilegiato per 
far fruttificare la fede, a volte anche a discapito della missione. Bisognerebbe 
giungere a una giusta mediazione tra questi due modi di essere Chiesa, in modo 
che si armonizzino tra loro sia l’impegno sociale (orizzontale – 
interpersonale), sia il mistero (dimensione verticale – 
trascendente).
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