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Origine quasi oscura di un nome che identificava la sifilide
Quando in provincia si temeva la " falcadina"
Un racconto di Fulcio Bortot

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Un racconto di
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Indice di tutti gli articoli

I MALANNI DI UN TEMPO…
Racconta il vecchio Quirino mentre si schernisce e quasi si arrabbia con se stesso dicendo che non sa nulla e che non ricorda nulla, perché la sua testa non funziona più:- Una volta non c’erano mica tutte le malattie di adesso, si stava molto meglio 
Sì, qualche fastidio c’era, specialmente da piccoli. 
Quelli più deboli morivano quasi subito, perché prendevano la Polmonite o non trovavano il latte giusto. 
Non crescevano, rimanevano deboli e strusi finché andavano via come una candela. 
Gli altri si buscavano le solite Influenze, la Tosse pagana, il Morbillo, la Varicella e, un po’ più tardi, il Male del moltón.
 
Ma non erano mica cose gravi: pochissimi morivano per questo.
Ecco, con il Male del moltón si rimaneva sterili, ma nulla di più! 
nvece poco simpatico era il Mal caduto. Quello sì che faceva paura, perché quando capitava, il disgraziato sembrava un indemoniato. E non c’era alcun rimedio. Bisognava sempre tenerlo d’occhio affinché non finisse sotto le ruote del carro o schiacciato dalle mucche nella stalla o facesse il volo del fienile. Era proprio una bella disgrazia!
C’era anche qualche incidente, ma non era una malattia: cascare dal seggiolone o dalle scale o dagli alberi, battere la testa e rimanere poregràmi per sempre. Sì, sì, anche la Meningite c’era.
 Anche chi prendeva quella non rimaneva più come prima. 
Ma forse erano tutte scuse per non voler ammettere che si era nati con qualche cosa fuori posto. 
Il massimo che si potesse accettare era di essere un po’ indrìo, ma che con l’età dello sviluppo tutto si sarebbe sistemato.
Poi, dopo il servizio militare,ma non solo, qualche giovanotto che credeva di fare lo spiritoso con certe signorine, che non gli importava nulla del sesto comandamento, portava a casa delle infezioni là, nelle parti basse. La sifilide! Ma in provincia la chiamavano la "Falcadina", forse per rendere meno scandalosa la faccenda. 
Si sussurrava  che fosse stata importata in quel di Falcade da una "certa signorina" che a meta dell'800 era andata a sollazzarsi verso Fiume, ma più probabilmente fu un prodotto dei soldati di Napoleone  che giunsero nel bellunese nel 1797 e si sa "che avevano un bel tratto e famigliarità col sesso femminile ed erano affabili con tutti" come annota Paolo Doglioni in " briciole di storia
  bellunese".
Restava sempre, comunque, una vergogna.
Le  mutande del giovanotto dovevano essere lavate a parte e ben disinfettate con la cenere, così anche le lenzuola, poi doveva andare dal dottore o da un’infermiera per fare le medicazioni… 
Si dice che quelli più gravi diventassero matti o finissero paralizzati.
 Si pensava che fosse un castigo del Signore per aver disobbedito.
Quasi tutti, però, guarivano prima o poi.
Le donne, solo loro, prendevano l’Esaurimento (non si sa perché) e restavano segnate a vita.
 Qualcuna finiva male dal Crepacór per la perdita dei figli o per altre disgrazie. Questo anche era brutto: inguaribile! Portava a morte sicura.
Per una gran paura capitava che il Sangue facesse acqua e che si rimanesse imbambolati per tutta la vita o che, piano piano, si deperisse fino alla fine, così come la Perdita della favella: non si riusciva più a fare nulla, tantomeno a lavorare nei campi.
Un altro pericolo era l’innamoramento non corrisposto: gran parte dei maschi si attaccava al fiasco o, come capitava alle donne per lo stesso motivo, prendeva il Mal del simiòt: rincretiniti per anni!
Ad una certa età arrivavano i malanni veri, come il Grip. Nulla da fare: il cuore non batteva più. 
Pericolosa era anche la Tisichèra: tosse e tosse per anni; alla fine si sputava sangue e materia e si moriva soffocati, magri come Gesù in croce.
 La colpa era sempre la stessa: strapazzi e una Pleurite trascurata. 
Molto raramente si guariva.
Si dice che tanto tempo fa ci fosse la Peste per colpa delle pantegane e il Colera, perché qualcuno beveva acqua nelle pozzanghere.
 Anche la Pellagra, per colpa della polenta cattiva, poi la Scabbia, i Pidocchi e le Piattole…Gli ingordi che facevano indigestione di pastìn nel periodo dei salmi, finivano malamente a causa del Mal rossin, quello dei maiali.
 Sempre per colpa delle indigestioni di ciliegie o di pere di San Giacomo, poteva capitare una Conica: non c’era nulla da fare, perché, o scoppiava la pancia o andava su la febbre fino a 42 gradi, più di un cavallo. Dolori da urlare. Pochi la facevano franca.
Sì, c’era un’altra malattia seria, il Mal di petto. A volte passava da solo, senza cure, ma spesso portava alla fine.
Invece il Colpo secco o la Morte improvvisa, ad una certa età, erano proprio una fortuna: nessuna sofferenza per chi moriva; nessun obbligo per chi doveva trascurare il lavoro per fare assistenza.
 All’ospedale si andava raramente: costava un patrimonio! Di solito il ricovero significava non ritorno.
Cancro negro? Brutto malanno: non si poteva far nulla. Qualche mese e…camposanto! 
Mal de la piera
? Quanta malva e gramigna bisognava mettere in pignatta! Con un malato così nei dintorni non occorreva più estirpare le male erbe dai campi.
Ce n’erano altre che non ricordo, porca miseria!
 Ma perché la testa non funziona più come una volta?-.Il vecchio Quirino se ne va in cantina a cercare qualcosa di buono da bere, ma bofonchia e si lamenta perché anche lo stomaco non accetta più la grappa come una volta…
Fulcio Bortot


OLivotto Giovanna 
da Paolo Bonetti. 
Ospitale di Cadore e il Canal del Piave


Amore venale
da
Vermeer. 
ArtBook. Leon
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Albero della libertà simbolo 
della rivoluzione francese. 
Da"Bellunesi nel mondo"


Malata d'amore.
 da
Vermeer. 
ArtBook. Leonardo Arte


Il vino ingannatore
Da
Vermeer. 
ArtBook Leonardo Arte


da Moroder. Piante medicinali nelle dolomiti. Athesia 

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